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In ricordo di un pastore di anime


In ricordo di un pastore di anime


A distanza di tanti anni dalla sua morte provo ancora una grande tristezza mista a nostalgia quando ricordo il caro Don Antonio Propati, che per quasi cinquantanni, a partire dagli anni '50 sino alla agli inizi del nuovo millennio fu parroco di Amendolara. Lui prete di modeste origini, orfano della madre in giovanissima età, di grande cultura e intelligenza, rifiutò una carriera sicura nelle gerarchie vaticane pur di rimanere accanto al suo gregge. La sua parrocchia, quella di Santa Margherita, veniva prima di ogni cosa.
Durante gli anni di permanenza alla guida dei suoi parrocchiani Don Antonio si conquistò in breve tempo la stima dell'intero paese, tanto da divenirne l'unica autorità morale a cui tutti guardavano nei momenti difficili per averne una parola di conforto. Don Antonio conosceva tutte le sue pecorelle e per ognuna di esse aveva sempre una buona parola. Ancora oggi i sentimenti degli amendolaresi sono di grande rispetto verso questo pastore di anime, che non smetteva mai di dire messa, ora in paese nella chiesa madre, ora in marina in locali improvvisati.
Fu anche maestro elementare e direttore scolastico, quando ancora la scuola era luogo di educazione e non solo d'istruzione. Nei ricordi di tutti coloro che l'hanno conosciuto, non smetteranno mai di riecheggiare le sue infuocate prediche in occasione della festività del Santo Patrono San Vincenzo, di cui era solito rievocare l'episodio accaduto nella cattedrale di Tolosa nel 1416, quando il grande dottore della Chiesa pronunciando la frase del libro dell'Apocalisse "Temete Dio e dategli onore, perché è giunta l'ora del suo giudizio" atterrì come fulminati tutti gli ascoltatori presenti. Nessuno dimenticherà mai le solenni celebrazioni della notte di Natale, mentre nella chiesa gremita di gente le note di un dolce carillon salivano al cielo creando un atmosfera di magia, che rinfrancava i cuori dei presenti. Non da meno erano le sue prediche della settimana santa sullo sfondo di un rituale antico che preparava alla passione e resurrezione di Nostro Signore.
Don Antonio aveva un grande dono quello di saper riuscire a parlare al cuore degli uomini trasmettendogli il messaggio di Dio con semplicità. Degli ultimi anni della sua vita, prima che la depressione e poi la malattia lo costringessero a letto, ricordo il suo frequente richiamo nelle prediche a un romanzo dello scrittore francese André Frossard "Dio esiste". Anche lui forse sentiva il bisogno di incontrare il suo Dio squarciando per sempre le tenebre del dubbio che accompagnano la vita di ognuno di noi e trovare così, prima dell'ultimo respiro, la forza di dire "ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede" (dalla seconda lettera di San Paolo a Timoteo).

Santino Soda




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